Se volessimo collocare il magnifico film di Paola Cortellesi, C’è ancora un domani, all’interno di un solco che traccia una linea immaginaria che parte da Alessandro Manzoni e finisce a Tommaso Campanella, passando per Giovanni Verga, esso si pone in maniera piuttosto esplicita nel solco di quest’ultimo, aggiungendo alla mera denuncia sociale un tocco di facezia e una ventata di leggerezza che provano a rendere più dolci i fatti, trattati con estremo realismo, ma a tratti anche maledettamente sopportabili.
È indubbiamente un film che ha il merito di essere fruibile da chiunque, grandi e piccini, e lo testimonia il fatto che sia stato spammato in tutte le scuole, di ogni ordine e grado, proprio in prossimità della Giornata internazionale contro la violenza sulle donne, aprendo finalmente, anche nelle classi e nei cinema, diventati all’occorrenza Agorà educative, il dibattito e il confronto. Ce ne fossero di iniziative del genere, potremmo fare molto più agevolmente il nostro lavoro di docenti ed educatori/educatrici nelle scuole e nella società civile, peccato che film di questo genere non abbiamo il contributo ministeriale…ma questa è un’altra polemica!
Certo, anche dal dibattito nelle classi, resta il dubbio e lo sgomento circa il messaggio finale, giacché, anche alla luce dei fatti storici, che nel film costituiscono solo uno sfondo vagamente impolitico, il fatto che già dal 1946 i fascisti fossero rimasti tutti al loro posto, nelle forze armate e dell’ordine, nei tribunali, nella burocrazia e, in generale, sulla scena politica, riesumati già con il Movimento Sociale Italiano, ha fatto sì che poi oggi si possa considerare il fascismo una opzione anche possibile e, alla fine, averceli pure al governo, decretando, dopo 75 anni, la fine della stagione di governo delle forze politiche che hanno realmente scritto la Costituzione.
Tuttavia, la storia conserva la sua beffarda ironia e si mostra spesso dimentica del passato appena si svolta l’angolo e, forse, anche per questo Paola Cortellesi si fa beffe dello spettatore e della spettatrice e con un colpo di teatro, molto riuscito, catapulta la spettatrice e lo spettatore nella pura realtà, appena ammantata da un barlume di speranza per grandi rivoluzioni politiche, come quella della conquista del voto per le donne.
Ecco, proprio alla luce di come poi sono andate storicamente le cose, dal suffragio universale fino ad oggi, forse il messaggio audace e chiaramente pedagogico, quantomento all’interno di una teoria dell’esemplarismo morale, sarebbe stato, con totale assunzione di responsabilità, quello di mettere in pratica prassi di liberazione, prefigurazioni utopistiche che avrebbero visto definitivamente tramontare l’aguzzino insieme alle sue idee…ma sarebbe stato un altro film, non proprio nel solco dei capolavori verghiani.
E, tuttavia, la narrazione dei fatti storici, soprattutto in tempi come quelli che stiamo vivendo, in cui soggetti politici ai vertici delle istituzioni pretendono di manipolare la storia, bisogna pure prendere atto che non è nemmeno del tutto storicamente fondato insistere, in relazione al passato, sul messaggio di rassegnazione coniugale e di sopportazione cristiana. L’idea, non certo di Paola Cortellesi, di una società totalmente immobilista non è che un’immagine ideologica e retorica, giacché fenomeni di diserzione, ammutinamento, resistenza, parricidio, “mariticidio” (è curioso che il termine non esista in italiano!) sono stati tantissimi e costituirebbero l’humus culturale dal quale ripartire per prendere innanzitutto le distanze da ogni forma di violenza, ma, al tempo stesso, per ridare dignità a tutte le persone che subiscono vessazzioni a causa di mentalità retrograde e paternalistiche. Ma chi lo vuole davvero?
D’altronde, quelle stesse aule del Parlamento, per le quali la protagonista del film ha rischiato una ulteriore randellata, rimangono vuote quando si tratta di prendere posizione per la protezione delle donne!
ML (26/11/2023)
