«Onda Alta», dopo Dargen arriva la Cassazione: «Chi soccorre in mare deve provvedere alla sicurezza del migrante»

A Sanremo 2024 e poi nei giorni successivi in RAI da Mara Venier è scoppiato il caso di Dargen D’Amico, il quale ha inteso, attraverso la sua arte canora, portare alla ribalta un tema di carattere sociale, a tratti certamente “politico” nella misura in cui la migrazione è un tema che riguarda la gestione della polis da parte dei cittadini. Per inciso, ma ve li ricordate i tempi in cui si apprezzavano i vari Guccini, De Andrè, De Gregori proprio perchè mettevano nei loro testi riferimenti politici, culturali, sociali? Beh, quei tempi non esistono più e “la musica è cambiata“!

Fatto sta che, alla fine, Dargen è stato zittito, censurato, Ghali non ne parliamo, dal momento che su RAIPlay il pezzo in cui l’alieno Rich-ciolino suggerisce “STOP AL GENOCIDIO” è stato tagliato e così, mentre ci facciamo sorpassare in “umanità” da un alieno, perchè noi esseri evidentemente abbiamo smarrito la nostra “umanità“, e siamo diventati i veri “alieni” davanti alla responsabilità della vita altri, l’informazione pubblica e privata mainstream (ma dov’è la differenza poi?) raggiunge il punto più basso nella storia italiana.

Per fortuna, a dare soccorso (sic!) a Dargen D’Amico e Ghali sulla strada verso il recupero della nostra umanità, ci pensa la Corte di Cassazione, la quale condanna in via definitiva il comandante del rimorchiatore Asso Ventotto, che nel 2018 soccorse 101 persone per poi consegnarle alla Guardia costiera libica, per il reato di «abbandono in stato di pericolo di persone minori o incapaci di sbarco e abbandono arbitrario di persone».

La sentenza ha chiarito, infatti, ciò che il buon senso non avverte più: non si possono abbandonare uomini, donne o bambini «senza verificare in concreto la sicurezza dello stato di destinazione a fronte di situazioni emergenziali che lascino presumere che non vengano effettivamente garantiti i diritti umani dei naufraghi».

Sappiamo adesso che la Libia non è un porto sicuro per abbandonare persone che, presumibilmente, proprio da lì scappano, ma, se siamo ancora in grado di unire i puntini e ci resta un po’ di raziocinio insieme all’umanità, dovremmo riconoscere che anche recuperare in mare migranti e fare in modo che della loro sicurezza se ne occupino gli albanesi, con tutta la stima che si può avere per i fratelli e le sorelle albanesi, non è proprio conforme al dettato della sentenza della Cassazione.

La verità è che l’accordo Italia-Albania sui migranti, ratificato qualche giorno fa dal Senato in via definitiva con 93 voti favorevoli e 61 contrari (nessun astenuto), è una totale abdicazione al senso di responsabilità e di umanità, al senso di civiltà, all’urgenza del prendersi cura di chi chiede accoglienza e soccorso, delegando ad altri soggetti di provvedere alla loro sicurezza.

E ci fa piacere constatare (in realtà ci duole profondamente perchè vorremmo che fosse una certa parte politica a farsene carico, ma, evidentemente, latita ormai da decenni) che a dar manforte a Dargen D’Amico, all’alieno di Ghali e alla Cassazione ci sia la Chiesa con il presidente della Commissione episcopale per le migrazioni, monsignor Gian Carlo Perego, il quale sull’Avvenire giudica l’Italia incapace «di costruire un sistema di accoglienza diffusa nel nostro Paese».

AP e ML (18 febbraio 2024) per Agorasofia

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