Passi scelti. Essere intellettuali di transizione per Ernesto De Martino

«Io sono un intellettuale di transizione, lacerato dalle contraddizioni. Oggettivamente, io esco dalla piccola borghesia del Mezzogiorno, e porto con me le molte viltà e il sentimentalismo imbelle di questo ceto senza destino. Tuttavia con la mente io ho imparato a vedere questa mia situazione dolorosa, e vado costruendo, nella teoria, quell’uomo che non sono nella realtà. Ma le contraddizioni del mio essere si riflettono continuamente nel mio pensiero, e ne rendono assai faticoso e problematico il corso.

Molta lucidità teorica e molte contraddizioni reali, potenza di mente e fragilità di esistenza: questo io sono. Tutta la libertà che io non sono nella prassi effettiva si trasforma in libertà logica, in forza catartica del concetto. Non mi resta che trar partito da questo mio deforme, doloroso ingegno “meridionale”. Io non posso riformare me stesso senza riformare il mondo. Ma la verità è che quando il mondo sarà riformato io non sarò più da secoli sulla terra. Le mie miserie sono il prodotto di tare secolari della società alla quale appartengo. Vincere le mie miserie nella realtà vorrebbe dire disfare le concezioni di una storia che si è consumata attraverso generazioni e generazioni – e questo è troppo arduo per le mie forze. Posso essere soltanto un eroe della mente, secondo i limiti di un eroismo della mente. Perché mi sono legato alla classe operaia?

Perché mi odio come uomo, perché detesto le tradizioni piccolo-borghesi del Mezzogiorno che mi hanno fatto quale sono: incerto, oscillante, contraddittorio e praticamente vile. Questa è certamente la mia “miseria”. La mia “grandezza” è di avere acquistato coscienza spietata di questa miseria, e di essermi legato alla classe che riformerà il mondo».

Ernesto De Martino, inedito, Fondo Vera De Martino.

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