Bari, l’Esercito alla Fiera del Levante con i bambini che giocano a fare la guerra

Di ML, pubblicato su www.osservatorionomilscuola.com il 15 ottobre 2024

Evidentemente collocato sullo stesso piano (decisamente inclinato) semantico e ideologico, dopo aver sbandierato ai “4 venti” le novità della Scuola 4.0, anche l’Esercito a Bari si è presento la scorsa settimana in pompa magna alla Fiera del Levante, il più grande evento espositivo del sud Italia, con lo slogan “L’Esercito 4.0. Proiettati nel futuro con lo sguardo nel passato“.

E, probabilmente, il successo registrato in quella kermesse dalle Forze Armate in un momento particolare del nostro Paese, come quello che stiamo vivendo, è stato notevole, infatti dai canali ufficiali si coglie l’entusiasmo con cui si afferma che ci sono stati «oltre 100.000 visitatori interessati allo stand dell’Esercito».

Tuttavia, all’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università sono giunte immagini e racconti raccapriccianti di cittadine e cittadini preoccupat3 per la propaganda bellica messa in campo dalle Forze Armate in quella circostanza.

Alla Fiera del Levante è andato in scena il canovaccio che si ripete già da qualche anno in tante altre città e manifestazioni pubbliche, a Pisa (clicca qui) come a Torino (clicca qui).

Bari le Forze Armate hanno occupato una intera strada per promuovere l’arruolamento con musica proveniente dalla radio militare per allietare i più giovani, robot che ballavano attirando bambine e bambini e l’immancabile Military Fitness, la frontiera più accattivante della propaganda bellica per restare in forma e fare attività fisica, già denunciata dall’Osservatorio nella manifestazione in piazza a Gioia del Colle, sempre in provincia di Bari (clicca qui).

E, in fondo, non ci stupiscono le 100.000 presenze agli stand dell’Esercito, così come non ci stupiscono le affermazioni dei militari che spingono ad arruolarsi con la promessa di un lavoro ben remunerato per i ragazzi e le ragazze del sud che, dicono, sono anche a rischio “devianza” (sic!).

Noi, però, a fronte di questa becera retorica militarista che coinvolge i più piccoli, vorremmo far conoscere ai ragazzi e alle ragazze un’altra storia, cioè quella di soldati regolari che, dopo essere stati indottrinati a dovere, proprio come accadde poco più di un secolo fa in tutta Europa, in Ucraina e in Israele oggi sono stanchi di vedere corpi dilaniati, morte e distruzione ovunque per obbedire ad una folle e cieca sete di potere coloniale, economico e politico.

Alla lunga anche la guerra stanca, oggi come cento anni fa, e perlopiù i soldati che la combattono, oggi come cento anni fa, sanno bene di essere pedine di uno scacchiere geopolitico più grande di loro, sanno bene che quelle piccole guerre sono scaramucce di un conflitto mondiale “a pezzi”, “per delega” e per gli interessi di multinazionali che fanno profitti sugli armamenti.

Vorremmo, ad esempio, raccontare ai ragazzi e alle ragazze affascinate dalla divisa della stanchezza che serpeggia tra i soldati ucraini, ai quali, come riporta «l’Avvenire», l’Italia sta mandando munizioni inutili e pericolose per la loro stessa incolumità: «Potreste far sapere al vostro governo che dall’Italia sono arrivate casse di proiettili arrugginiti.

Oppure potremmo raccontare di Chen Alon, militare israeliano che lascia la divisa e opera la scelta della nonviolenza: «Ho capito che la violenza è il problema e non la soluzione e ho deciso di rifiutarmi di continuare a svolgere il servizio militare per difendere l’occupazione»[1].

Insomma, l’esigenza di organizzarci all’interno dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università nasce esattamente dalla necessità di opporsi a questa retorica bellicista che si sta diffondendo prepotentemente anche nel nostro Paese. Proprio come avvenne poco più di un secolo fa, si avverte in ogni parte del mondo un clima di pesante fiducia nella risoluzione armata dei conflitti. Furono il logoramento dell’equilibrio internazionale, la competizione imperialistica tra le potenze, la corsa agli armamenti e il dilagare del nazionalismo a condurre l’umanità alla Prima guerra mondiale…ed oggi gli ingredienti per innescare il gigantesco detonatore universale sono ritornati tutti di grande attualità.

Facciamo che siano la società civile, il mondo della scuola, quello dell’università e quello dell’istruzione in generale a disinnescare la miccia, ad invertire la retorica sulla bellezza e sulla necessità della guerra al fine di costruire una narrazione diversa, che parli di pace, di collaborazione, di nonviolenza e solidarietà tra tutti i popoli. Il compito richiede coraggio e scelte controcorrente, ma bisogna necessariamente dimostrarsi all’altezza della situazione, dal momento che lasciare ancora una volta che siano le armi a parlare significa che, nonostante i tanti passi avanti, come umanità non abbiamo capito granché dalla storia passata.

[1] D. Brezzi (a cura di), Combattenti per la pace. Palestinesi e israeliani insieme per la liberazione collettiva, Multimage, Firenze 2024, p. 41.

ML (15/10/2024) per Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e delle università

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