Timur Vermes, “Lui è tornato”: esperimento letterario e cinematografico ben riuscito

Nonostante lo scrittore abbia optato per un finale aperto per il romanzo che lo ha reso famoso in tutto il mondo (tradotto addirittura in 41 lingue) e che aveva lasciato pensare ad un seguito ancora più scoppiettante e degno del personaggio messo in scena, in realtà Timur Vermes lascia cadere nel vuoto l’impalcatura fittizia che aveva retto abbastanza bene la prova editoriale nel 2013 e nel 2019 torna in libreria con Gli affamati e i sazi, un romanzo al limite tra la fantascienza e l’utopia politica, che racconta la storia di un colossale esodo di migranti dall’Africa verso l’Europa, il tutto, così come capita ai nostri giorni, in spettacolare mondovisione.

Ad ogni modo, l’esperimento narrativo di Lui è tornato, giocato tutto sull’anacronismo, è molto ben riuscito e risulta accattivante nell’intrecciare i reali pensieri del personaggio storico, un Adolf Hitler in grande spolvero, a partire dai suoi scritti e dalle sue biografie ufficiali, con una realtà contemporanea che non ha fatto ancora i conti con il suo passato. Ne viene fuori un quadro surreale, ma tragicamente verosimile, in cui risultano ancora non definitivamente risolti molti conflitti sociali, politici e culturali, anzi, se ne aggiungono altri che costituiscono un materiale elettorale utilissimo per l’avanzata di un nuovo Führer, che poi è sempre il vecchio e che in determinate situazioni potrebbe ancora riscuotere un impressionante successo. In fondo, oggi come ieri, individuare dei nemici verso i quali far confluire l’odio della comunità e, da ultimo, eliminarli fisicamente o socialmente ha sempre funzionato come strumento politico per chi rinuncia alla fatica del pensare in maniera critica.

C’è da dire che Timur Vermes è uno di quegli scrittori che sa dosare molto bene l’ingegno letterario per metterlo al servizio della trasposizione cinematografica, infatti si è capito da subito che Lui è tornato si sarebbe prestato benissimo all’adattamento filmico. Ne sono risultati, infatti, due interessanti prodotti cinematografici, sia nella versione originaria tedesca omonima con Adolf Hitler come protagonista, diretto da David Wnendt, sia nella versione italica con Benito Mussolini, pellicola del 2018 diretta da Luca Miniero dal titolo Sono Tornato.

Tuttavia, al di là della finzione e anche ben oltre i rigurgiti fascistoidi della politica attuale, ciò che rende interessante l’esperimento di Vermes è l’idea di mettere questi personaggi storici, quantomeno stravaganti, alle prese con le istituzioni della democrazia liberale e con il pluralismo culturale contemporaneo per capire se si tratta di strutture stabili oppure, date specifiche condizioni politico-sociali, potrebbero risultare delle mere contingenze storiche facilmente superabili!

T. Vermes, Lui è tornato, Bompiani, Milano 2013.

ML (05/01/2025) per Agorasofia

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