Cosa abbiamo imparato grazie agli scioperi, alle manifestazioni e alle proteste

  • «Il diritto internazionale è importante, ma fino a un certo punto». Questa frase pronunciata da un ministro degli Esteri che risponde al nome di Antonio Tajani è di una gravità enorme perché annichilisce l’illusione che ci possa essere un freno all’arbitrio omicida cui stiamo assistendo. Detto, fatto! Incredibilmente scopriamo che questo fantomatico punto oltre il quale il diritto internazionale non è più così importante è drammaticamente reale e riguarda proprio il blocco in acque internazionali della Global Sumud Flotilla e l’arresto del suo equipaggio da parte di Israele. Come uno scolaretto distratto, intento a ballare alla festa di paese, Tajani viene ammonito nientedimeno che dal presidente della SOCIETÀ ITALIANA DI DIRITTO INTERNAZIONALE E DI DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA, il quale gli fa notare il forte imbarazzo nel quale si trova a causa della insulsaggine espressa da un garante della Costituzione che rende superfluo, motu proprio, il Diritto internazionale… ma roba da pazzi! (Leggere lo schiaffone a Tajani in carta bollata è un’esperienza mistica trascendentale!)
  • «Il weekend lungo e la rivoluzione non stanno insieme». L’offesa a milioni di lavoratori e lavoratrici (molti dei quali e delle quali, seppure possa sembrare incredibile, lavorano anche di sabato) della Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è di una bassezza unica ed epocale. Questa reazione scomposta, questo goffo e fallito tentativo di delegittimare la protesta fa capire fino a che punto la destra che ci governa – oh sì, proprio lei – sia allergica ai temi della ⁠nonviolenza e della disobbedienza civile. Aborre il contatto con la piazza più o meno allo stesso modo in cui un celiaco teme il contagio con il glutine.
  • Abbiamo capito, però, che si può anche andare incontro al fallimento a testa alta. Gli eroi e le eroine della Global Sumud Flotilla lo sapevano sin dall’inizio che non sarebbero mai arrivati a Gaza, incerti piuttosto se sarebbero morti in mare, nelle acque internazionali, o in terra israeliana, eppure ci hanno provato ugualmente. Ovviamente, decisamente sciocchi/e quelli e quelle che pensavano che la Flotilla portasse solo i viveri e i medicinali, di cui la popolazione palestinese ha bisogno, e non invece volesse dimostrare al mondo intero, ancora una volta, l’illegalità diffusa nella quale vive lo Stato sionista d’Israele e fungere da esempio per altre 10, 100, 1000 Flotille decise a rompere l’assedio delle acque che non appartengono ad Israele… e non lo dice Agorà. La Filosofia in Piazza, ma le Risoluzioni dell’ONU.
  • La Flotilla? «In cerca di visibilità», «Una gita in barca», «una crociera». Chi ha criticato o ha messo in dubbio le intenzioni della Global Sumud Flotilla o è ignorante o è in cattiva fede… oppure è un idiota, nel senso etimologico della parola, che dal greco antico ἰδιώτης (idiòtes) significa “individuo privato” o “cittadino che non partecipa alla vita pubblica” e non capisce un beneamata minchia, eppure parla, parla, parla. Il fatto è che l’avvelenamento del dibattito pubblico sulla Palestina (che in realtà non dovrebbe neanche sussistere, perché quello che succede a Gaza è un orrore ingiustificabile) qui raggiunge vette inesplorate: è la solidarietà ad essere colpevolizzata, la responsabilità – dal latino responsum, participio passato del verbo respondère (“rispondere”), composto da re- (“indietro”) e spondère (“promettere, impegnarsi solennemente”) – di chi eticamente risponde ad un appello di persone in via d’estinzione diventa “irresponsabilità” e così i pappagalli a ruota a ripetere il ritornello, quello sì deresponsabilizzante.
  • «Su sciopero generale del 3 ottobre valuto la precettazione». Sulle affermazioni del ministro Matteo Salvini parla l’immagine di copertina, talvolta l’ironia dei baresi impone di chiudere tutte le discussioni.
  • «Tanto non cambia niente»; «Mica con lo sciopero fermate la guerra a Gaza». Ma come si può vivere così meschinamente? Eppure, c’è gente che non riesce a vedere oltre il proprio naso, ma poi in caso di difficoltà è quella che si scaglia e si sbraccia accusando «Lo Stato ci ha abbandonato» e altre amenità contornate da piccolezze del genere. Il fatto è che le piazze e le strade piene di gente stanno dando una risposta nuova, qualcosa che i politici sembrano scartare come un mostro incomprensibile, cioè la richiesta di PACE e solidarietà. E se davvero pensate che un fiume di persone in Italia, negli Stati Uniti, in Cina non possa fermare il genocidio in Palestina, allora, evidentemente, non avete studiato bene la storia, perché cari amici e care amiche tutto ciò è già accaduto negli anni ’60 in Vietnam, quando le proteste in tutto il mondo riuscirono ad arginare la violenza coloniale e ingiustificata su una popolazione che resisteva, cazzo se era RESISTENTE!

Breve postilla: «Il volo? Lo paghino gli attivisti». Se proprio il governo dovesse scegliere di non pagare il viaggio di rientro degli attivisti e delle attiviste arrestati/e da Israele, crediamo che più di un milione di persone siano già pronte a sostituirsi a lui… ancora una volta.

AP e ML (04/10/2025) per Agorasofia

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