Mentre l’ISTAT testimonia che le retribuzioni contrattuali restano inferiori dell’8,8% rispetto al 2021; mentre aumentano i tempi di rinnovo dei CCNL e contemporaneamente aumenta la richiesta di protezioni economiche e sociali da parte di lavoratori sempre più stanchi ed economicamente provati, vi proponiamo la lettura di alcuni passi del testo di Robert Castel, L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti?
Come si è usciti dall’insicurezza sociale? p. 22
«La scissione tra proprietari e non proprietari – oggi tra dirigenti e dipendenti – si traduce in una scissione tra soggetti di diritto e di non diritto. […] Come si è usciti da questa situazione? In altri termini: come si è giunti a vincere l’insicurezza (sociale) assicurando la protezione (sociale) di tutti o di quasi tutti i membri di una società moderna, per farne degli individui che godono di tutti i diritti? […] In due parole quindi: fissando delle protezioni forti al lavoro […] Il lavoro smette così di essere una relazione puramente commerciale, retribuita nel quadro di un rapporto pseudocontrattuale, tra un datore di lavoro onnipotente e un salariato deprivato. Il lavoro è diventato l’impiego, cioè una condizione dotata di uno statuto che include garanzie non commerciali, come il diritto a un salario minimo, le protezioni del diritto del lavoro, la copertura degli infortuni, della malattia, il diritto alla pensione, eccetera. Contestualmente, la situazione del lavoratore cessa di essere la condizione precaria destinata ad essere vissuta giorno per giorno nell’angoscia del domani».
Come si è giunti a garantire queste tutele salariali e sociali? p. 30
«L’acquisizione delle protezioni sociali è maturata essenzialmente a partire dall’inscrizione degli individui in collettivi di protezione. […] Di fatto, il lavoratore in quanto individuo abbandonato a sé stesso non “possiede” pressoché nulla. Cioè: è l’istanza del collettivo – collettivi di lavoro, collettivi sindacali, regolazioni collettive del diritto del lavoro – che può rendere sicuro l’individuo».
Perché oggi riemerge l’incertezza? pp. 35,36
«La disoccupazione di massa e la precarizzazione dei rapporti di lavoro non ledono soltanto le diverse categorie di lavoratori in modo differenziato, colpendo più duramente gli strati inferiori della gerarchia salariale, ma comportano anche immense disparità infracategoriali: per esempio tra due operai – tra due dipendenti, tra due insegnanti… – ma anche tra due quadri con lo stesso livello di qualifica, dei quali l’uno conserverà il posto di lavoro, mentre l’altro dovrà subire la disoccupazione. La solidarietà degli statuti professionali tende a trasformarsi in concorrenza tra uguali. I membri di una stessa categoria, invece che tutti uniti attorno a obiettivi comuni per il gruppo, saranno portati, ognuno di loro individualmente, a mettere in primo piano la propria specificità per mantenere la propria condizione personale».
Cercare il collettivo!
È proprio a causa di questo processo di individualizzazione e decollettivizzazione che attraversa l’organizzazione del lavoro che i lavoratori si ritrovano liberi di proporsi sul mercato, ma isolati e privi delle necessarie tutele, perché, semplicemente sostiene Castel, vale una regola d’oro, pp. 39,40:
«Rispetto a coloro che non dispongono di “altri” capitali – non solo economici, ma anche culturali e sociali – le protezioni o sono collettive o non sono. Negli spazi lavorativi, esse sono anzitutto quelle solidarietà che nascono da una comune condizione e da una subordinazione condivisa».
#agorasofia
Robert Castel, L’insicurezza sociale. Che significa essere protetti, Einaudi, Torino 2004.
