Passi scelti. Emilio Gentile, propaganda di guerra e religione

La propaganda bellica esasperò l’odio per il nemico rappresentandolo come una forza maligna o demoniaca, più bestia che uomo. […] La demonizzazione del nemico fu alimentata dal nazionalismo, esasperato dalla Grande guerra, che in tutti Paesi belligeranti diede un impulso enorme alla sacralizzazione della nazione, come suprema entità collettiva, alla quale i cittadini dovevano dedizione totale fino al sacrificio della vita. Così trasfigurata, la nazione fu rappresentata dalla propaganda come una giovane donna, circondata da un alone di luminosa purezza, benedetta e protetta da Dio, mentre i suoi nemici avevano sembianze diaboliche o bestiali.

La Gran Bretagna era […] rappresentata dalla propaganda tedesca come un grosso e grasso bestione, avido di ricchezze, mentre nella propaganda dell’Intesa la Germania appariva come un popolo feroce di moderni «Unni», o come un essere umano dagli istinti bestiali. […] La propaganda inglese negava che i tedeschi appartenessero alla razza umana: «Il mondo attuale si divide in esseri umani e tedeschi», proclamava Rudyard Kipling, che aveva perso il figlio maggiore in guerra.

Attraverso l’identificazione della propria nazione con il bene e del nemico con il male la Grande guerra fu anche interpretata come l’effettivo avvento della lotta finale tra il bene e il male profetizzata dall’Apocalisse biblica. Alla sacralizzazione della nazione contribuirono le Chiese, che mescolarono cristianesimo e patriottismo per giustificare la guerra come una «santa crociata» contro un nemico malvagio, istigato da potenze demoniache, o addirittura considerato l’Anticristo…

E. Gentile, Due colpi di pistola, dieci milioni di morti, la fine di un mondo, Laterza, Roma-Bari 2014, pp. 109-110

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